MagRoma e mamma
La MagRoma era un posto dove portai mia madre,
mia debolezza, mia forza.
Erano giorni difficili, -sta male- dicevano i medici.
Straripava di voglia di vivere,
dopo un letargo lungo e oscuro,
una voglia di vivere esagerata,
che vorrebbe abbracciare tutti e urlare
-bene, sto finalmente bene-.
La portai ad una riunione della MagRoma, a Casalbertone.
Sapevo non avrei dovuto, era troppo -su di giri-,
la voglia di vivere le usciva dagli occhi e dalla bocca.
Entrammo, incerto se avessi fatto bene,
sperando si contenesse,
ma non lo fece.
Disse qualcosa sul suo nome
-Giovanna, ma non perché mio figlio si chiama Giovanni-,
poi altro ancora.
Prima parlò senza ascoltarsi, poi ascoltò troppo.
La riunione passò, non so come fu possibile, ma passò.
A tavola riprese, senza freni.
-Ci saranno soci di una cooperativa di ex detenuti, finanziata dalla Mag-,
le dissi.
Lei era timorosa, non aveva mai conosciuto detenuti,
a parte i suoi studenti costretti per ore sui banchi.
E capitò proprio accanto a Guido,
uno di quella cooperativa,
che parlò con lei,
rise con lei,
tutta la cena,
una buonissima cena,
prezzi contenuti, come avrebbe dovuto essere mia madre,
in un ristorante finanziato dalla Mag,
gente fantastica come le insalate di farro.
Guido ci ha lasciato, qualche anno fa,
anche mia madre,
ma quella sera, a quel tavolo,
si erano capiti.
Mia madre aveva una quota della Mag,
che aveva finanziato la cooperativa di ex detenuti
e il ristorante che tanto ci accolse.
Ma, alla fine, non è importante il fatto della finanza -etica-,
davvero.
E’ importante che mia madre rise tanto,
Guido era contento di farla ridere,
anche altri erano lì,
Cinzia, Erika, Elisabetta, Gloria, Pietro, Bruno …
con noi, senza giudizi.
Ecco, la MagRoma, per me,
è stato quel posto lì,
l’unico posto dove ho potuto portare mia madre
senza paura,
perché sapevo sarebbe stata accolta.
(Giovanni Lupi – dicembre 2018)